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Disorganizzazione cronica e Disturbo da Accumulo

L’Italia ha aderito ufficialmente all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 1947.

Secondo l'OMS la salute è definita come uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente una assenza di malattie o infermità.

 

Questa definizione è molto importante perchè si sposta l'attenzione dalla malattia all'equilibrio della persona. E l'equilibrio appunto da da diversi fattori: quello fisico, mentale e sociale.

 

L'organizzazione è una skill che contribuisce a questo equilibrio: una persona che riesce ad organizzare se stessa (i suoi spazi, la sua agenda, il suo stile di vita) è una persona che

  • abbassa lo stress, la sensazione di sopraffazione e l'ansia (benessere mentale)
  • lascia più tempo libero per i propri interessi e passioni compreso lo sport (benessere fisico)
  • favorisce la produttività e la socializzazione (benessere sociale)

Ma organizzati si nasce o si diventa?

Da alcuni studi americani, sembra che solo il 10% della popolazione nasca naturalmente organizzato, il 90% non ha queste competenze ma le può imparare.

Il problema è che la maggior parte di questo 90% (anzi, probabilmente quasi tutto) difficilmente riceve un vero insegnamento per colmare questo gap e di conseguenza si trovano in difficoltà per gestire progetti, spazi, emergenze, sia in ambito lavorativo che privato.

 

In questo panorama si evidenziano i due principali problemi di mancata organizzazione:

  • la disorganizzazione cronica e
  • Il disturbo da accumulo

La disorganizzazione cronica

La disorganizzazione cronica si evidenzia in tutti quei casi in cui l'accumulo indiscriminato di oggetti inizia ad interferire con la vita lavorativa, familiare e sociale.

 

Iniziamo con lo specificare che non è un patologia e non è una diagnosi medica, bensì la descrizione delle condizioni di vita di una persona. In generale si parla di disorganizzazione cronica quando (cit. www.apoi.it):

  • lo stato di disorganizzazione persiste da molti anni;
  • la disorganizzazione incide negativamente sulla qualità della vita della persona e sulle relazioni sociali;
  • la persona ha provato varie volte a fare da solo senza successo;
  • pensa di non poter cambiare la sua condizione nel futuro.

Ci sono alcuni fattori che possono essere dei "sintomi" di questo problema, come per esempio l'essere sempre in ritardo agli appuntamenti o il non riuscire a portare a termine i compiti che vengono assegnati.

Questo porta le persone attorno al disordinato cronico a non dargli la giusta attenzione, fino in alcuni casi a disprezzarlo considerandolo inaffidabile, pigro, scansafatiche, ecc.

Bisogna fare molta attenzione perchè ovviamente non tutte le persone che identifichiamo come poco affidabili sono anche disorganizzate cronicamente.

 

In generale, le caratteristiche comuni ai disorganizzati cronici sono (cit. www.apoi.it):

  • l'accumulo di molti più oggetti, documenti, carta di quanto usino o abbiano bisogno;
  • la difficoltà a separarsi e lasciar andare le cose;
  • l'avere molti interessi e molti progetti non finiti (che in questo caso nulla a che vedere con l'essere un soggetto multipotenziale);
  • il bisogno di “vedere” per ricordarsi le cose da fare (cercano di tenere tutto "a vista");
  • la facile distrazione e perdita di concentrazione;
  • scarse capacità di gestione del tempo;

Il disorganizzato cronico non vuole esserlo, semplicemente non ci riesce, ed è vittima di una profezia autoavverante: poichè è sempre stato considerato fin da bambino ritardatario e fannullone allora si convince di esserlo e di non potersi migliorare.

E' possibile invece, che in alcuni casi la persona possa avere un problema di deficit dell'attenzione mai diagnosticato.

 

I disorganizzati cronici a volte provano a fare da soli acquistando corsi sulla motivazione, leggono Marie Kondo ecc, incorrendo sempre in fallimenti che demotivano e vanno nuovamente a confermare la tesi che si è dei casi disperati.

 

La cosa migliore per queste persone è rivolgersi ad un professionista dell'organizzazione che possa insegnare loro ciò che non gli è mai stato insegnato: un metodo efficace e personale.

Il disturbo da accumulo

Fino al 2013 la Disposofobia, o più correttamente il Disturbo da Accumulo (da qui in poi lo abbrevierò con DdA), era accomunato agli altri disturbi ossessivo compulsivi, ma da quella data in poi è stato inserito come patologia a sè nel Manuale diagnostico e statistico dei Disturbi Mentali.

 

Il DdA deve essere necessariamente diagnosticato da un clinico e benchè se ne parli pochissimo (tranne in occasione della messa in onda di alcuni famosi reality show come Accomulatori seriali o Sepolti in Casa) colpisce in Italia una percenutale di popolazione che oscilla tra il 3,7% e il 6% (tanto per fare dei paragoni, la schizofrenia si attesta al 2%)

 

Purtroppo è ancora molto difficile avere delle statistiche certe, perchè questo fenomeno viene ancora minimizzato e confuso con altre cose come l'espressione di particolare avarizia per esempio, o il segno di un carattere eccentrico, o il sintomo di un altro disturbo, o ancora un aspetto secondario di altre patologie come la depressione.

 

Il DdA invece è causato da eccessiva acquisizione + incapacità di eliminare = clutter/caos

 

In generale, chi soffre di un disturbo da accumulo ha (cit. www.apoi.it):

  • difficoltà a categorizzare i propri beni (ad esempio, decidere ciò che ha valore e ciò che non ne ha);
  • difficoltà a prendere decisioni su cosa fare con tali beni;
  • difficoltà a ricordare dove sono le cose;
  • sente un forte senso di attaccamento emotivo nei confronti dei propri beni (ad esempio, un oggetto potrebbe essere avvertito come unico, una parte della persona o della sua storia);
  • si sente responsabile per gli oggetti e a volte pensa che le cose inanimate abbiano dei sentimenti;
  • sente il bisogno di mantenere il controllo sui propri beni (e quindi non vuole che nessuno tocchi o sposti tali oggetti);
  • è preoccupato di dimenticare le cose (e usa gli oggetti come promemoria visuale);
  • si sente molto ansioso o turbato quando si tratta di prendere una decisione su cosa eliminare;
  • ha un tratto perfezionistico che determina la paura di prendere la decisione sbagliata su cosa tenere e cosa buttare via;
  • controlla le proprie sensazioni di disagio, evitando di iniziare il compito di eliminazione e rimandando il compito.

Le persone affette da DdA devono necessariamente seguire una terapia cognitivo comportamentale che possa aiutarle nel tenere sottocontrollo il proprio disturbo.

In questo caso il professionista dell'organizzazione può a sua volta supportare la persona nella fase operativa di decluttering e riorganizzazione dello spazio, ma sempre in accordo e collaborazione con il terapista.