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L'anima degli oggetti

In alcune occasioni, durante alcuni corsi o consulenze, mi è capitato che le persone mi esprimessero la loro perplessità riguardo al ringraziare gli oggetti prima di lasciarli andare.

E' una pratica che viene espressa nel libro di Marie Kondo, Il magico potere del riordino, e fonda le sue origini in leggende della cultura popolare giapponese.

 

Queste leggende, seppur di matrice shintoista e molto lontane dalla visione occidentale riguardo l'uso degli oggetti, possono in vero esserci molto utili per rivedere le nostre convinzioni e preconcetti sul "lasciar andare" e "rispettare"

 

Ma partiamo dall'inizio.

Nel folklore giapponese, un oggetto dopo 100 anni di vita, sviluppa una coscienza propria e si trasforma in uno spirito-oggetto: il suo nome è tsukumogami.

 

Lo tsukumogami ha un carattere, dei sentimenti, è un protettore della casa: ma se trattato male, dimenticato, non usato, rotto o gettato senza rispetto, si offende molto facilmente assumendo un aspetto terrificante e combina dispetti al suo possessore.

L'anima dello tsukumogami è forgiata dal carattere dalle mani che lo hanno stretto, dalle intenzioni delle persone che lo hanno usato, dai sentimenti di chi lo ha donato: è come se l'oggetto "assomigliasse" al suo padrone.

 

Vi è mai capitato di pensare che un oggetto avesse una personalità sua, magari contagiata dalla vostra?

 

Io si! Quando ero bambina pensavo che le mie bambole si animassero appena chiudevo la porta: immaginavo parlassero tra loro, ballassero, si cambiassero di posto... Ricordo che per paura di crear loro disagio, le lasciavo sempre in posizioni "comode" (le Barbie le mettevo sedute sul divano o al tavolo per un tè, o sdraiate a dormire) e sempre almeno in coppia perchè non si sentissero sole in mia assenza (Baby Mia la lasciavo insieme alla sua amica del cuore Sbrodolina).
Di tutte ne avevo cura quasi maniacale e volevo sempre che fossero ben pettinate con fiocchetti e fermagli, e ben vestite: mi irritavo moltissimo quando le amichette che venivano a casa mia le prendevano per i capelli o le buttavano mezze svestite, mi sembrava di mancar loro rispetto. Col tempo ho imparato a mentire, dicendo che non avevo voglia di giocare con le bambole e proponevo un gioco di società. Le potevo lasciare in pace nella loro perfezione.

Ci sono tsukumogami differenti, a seconda del tipo di oggetto da cui prendono vita:

  • il Biwa-bobuboku è un liuto che si anima di notte, cantando e suonando tenendo sveglio il suo padrone, e lamentandosi del fatto che non gli viene dedicata abbastanza attenzione.
  • il Bakezori è un sandalo che fa dispetti perchè annoiato e frustrato.
  • il Karakasa è un ombrello che viene raffigurato con un occhio solo e la lingua lunga che sporge dalla bocca aperta, e un singolo piede che indossa un geta, lo zoccolo di legno che tradizionalmente si indossa con il kimono
  • l'Ungaikyo è uno specchio che manipola le persone che si riflettono
  • ...ma c'è anche l'Itta-momen che è un rotolo di pergamena, e il Chochinobake la lanterna fantasma, e molti altri... 

Ovviamente si tratta di favole da raccontare ai bambini, eppure, come ogni leggenda nasconde una morale: tratta con cura ciò che possiedi o te ne pentirai.

 

Ecco perchè il disinteresse, il dimenticare, il non usare, il buttare senza riconoscere l'utilità sono una offesa verso quell'oggetto che ha percorso un pezzo di vita con noi e che ci è stato utile, tanto che, se non gli rendessimo il giusto rispetto, meriteremmo una punizione.

 

Un'altra lettura interessante di queste leggende, è quella di aprire la nostra anima a ciò che è antico: opere d'arte, libri, luoghi, che hanno assimilato un pezzettino di ogni persona con cui sono entrati in contatto e che ci possono restituire valore, storia ed energia. Ma solo se siamo disposti a prendercene cura ed ascoltarli.

 

Per ovviare ai problemi che sorgerebbero nel tenere in casa oggetti non usati (leggi: ritorsioni), in Giappone esistono due feste tradizionali volte proprio a celebrare questo tipo di distacco.

 

L'Harikuyou è la feste degli aghi da cucito. Si svolge l'8 febbraio ed è una festa prettamente femminile: le sarte e le donne in generale, portano nei templi gli aghi usati e consumati (rotti o ossidati) durante l'anno, pregano per loro, li ringraziano per il servizio reso e li seppelliscono in un cumulo funerario.

 

Il Ningyou Kuyou invece è il funerale delle bambole e si svolge ad ottobre. Bambole, statuette, peluche, figurine, vengono portate al tempio dove vengono benedette dai monaci ed esposte per un ultimo saluto. Poi vengono bruciate, come in una cremazione collettiva.

 

E noi come possiamo agire in modo da essere rispettosi?

 

Usando ciò che possediamo in modo da valorizzare la sua funzione.

Donando ad altri ciò che non usiamo, in modo che l'oggetto possa trovare una nuova funzione.

Ricordando i momenti in cui ci è stato utile, eventualmente tramite una vera e propria cerimonia di saluto, prima di gettarlo.

 

Salutare l'oggetto ed esprimergli la nostra gratitudine, potrebbe semplificare anche il distacco nei confronti di oggetti a cui siamo particolarmente attaccati dal punto di vista emotivo, perchè allevieremmo il senso di colpa e perchè li indirizzeremo verso una nuova vita, una nuova casa, un nuovo essere utili.