· 

Fare meno e ottenere di più: se vuoi, puoi!

Foto: Gaia Gorni
Foto: Gaia Gorni

Capita alcune volte che le mie consulenze non vadano a buon fine. Certo, capita, se vi dicessi che i successi sono il 100% sarei una grandissima bugiarda.

 

Intendiamoci, non accade nulla di catastrofico: semplicemente nella vita della persona non accade nulla, i problemi rimangono esattamente quelli di prima.

 

Lavorando da un po' di anni "naso" subito la consulenza che non andrà a buon fine: già nel colloquio preliminare, quello durante il quale faccio mille domande sulle abitudini della persona, quello in cui cerco di capire nel dettaglio le sue difficoltà e le sue aspettative, aleggia (più o meno esplicitata) l'idea che ho sempre fatto così e che ho già provato tante volte ma tanto poi non cambia nulla...

L'idea è che si, la persona vuole provare, forse perchè qualcuno la spinge, o forse perchè ha letto Marie Kondo e le piacerebbe realizzarlo a casa sua, o anche solo perchè fa figo dire alle mie amiche che ha chiamato una professional organizer a sistemarle l'armadio, ma mette già le mani avanti: he sempre fatto così!

 

In altre parole la persona, anche se non se rende conto, ha una fortissima resistenza al cambiamento.

Perchè cambiare?

La resistenza al cambiamento non c'è solo verso il professional organizer, ma è presente in tantissimi ambiti della vita, e ci riguarda tutti perchè ognuno di noi ha le proprie, anche piccole.

 

Qualche esempio:

  • Se siamo abituati ad un comportamento (ad es. i passaggio per portare a termine un obiettivo) anche se veniamo a conoscenza di procedimenti più rapidi o più facili tenderemo a persistere nel comportamento scomodo o poco produttivo in una sorta di inerzia continua. In gergo si definisce momentum behavior.
  • Se stiamo usando un device (per es. il tablet) tendiamo a non cambiare dispositivo anche se ci rendiamo conto che potremmo utilizzarne uno che ci faciliterebbe in quello che stiamo facendo (es. il pc).  Gli informatici la chiamano device inertia.
  • Se i nostri genitori (o nonni, o persona che per noi ha autorevolezza) ci indicano di comportarci in un determinato modo o di fare le cose in una certa maniera, tendiamo non solo a fidarci ma a non volerci discostare da quel comportamento, anche se oggettivamente improduttivo

Il cambiamento in tutti i questi casi è percepito come troppo costoso (in termini di tempo per imparare il nuovo metodo, impegno, costanza ecc) rispetto ai benefici che ne trarremmo.

 

Questo comportamento però è da considerarsi altamente "contronatura".

Il progresso della storia dell'Umanità si basa su un principio elementare: se per portare a termine un determinato obiettivo posso utilizzare più metodi, l'opzione migliore (quella da attuare) è quella che richiede meno energie.

E allora perchè spesso e volentieri perseveriamo in comportamenti obsoleti e antiproduttivi?

La Legge del Minimo sforzo

Chi non sogna di fare meno e contemporaneamente ottenere di più? Non sarebbe stupendo?

 

Se vogliamo provarci, il nostro riferimento deve diventare la Legge del Minimo sforzo ovvero, che ciò che è facile deve essere giudicato come positivo.

Attenzione, la legge del minimo sforzo non elimina la difficoltà, anzi forse di primo impatto ci porta su una strada poco battuta e impervia, ma piuttosto ci incoraggia a trovare delle modalità per svolgere gli stessi compiti riducendo lo sforzo necessario.

 

La legge del minimo sforzo inoltre si basa su due presupposti che in passato abbiamo già abbondantemente sviscerato:

  • bene è sufficiente, e che
  • meno perfezionismo porta a risultati migliori.

Vi sono molti modi di fare le cose, ma non sempre ne siamo consapevoli. A volte non abbiamo chiaro nemmeno quale sia il metodo che utilizziamo. Forse svolgiamo le attività come abbiamo visto farle ad altri, o come ci è stato detto di effettuarle da qualcuno. Ma non ci siamo fermati a pensare se il cammino che stiamo percorrendo sia davvero quello migliore per raggiungere la meta. (pensiamo a nostra madre che ci diceva Riordina! dando per scontato che il metodo corretto fosse il suo...)

 

Ci sono tre parole chiave che dobbiamo tenere bene in mente, se vogliamo attuare la Legge del Minimo sforzo:

  • la prima parola è Accettazione e significa semplicemente che ci impegniamo ad avere la giusta apertura mentale per accogliere le novità: accettare di imparare qualcosa di nuovo, accettare che il collega più giovane possa trovare una soluzione più efficace, accettare che forse la disposizione del mio armadio è sbagliata, anche se sono 40anni che è così, e via dicendo. 
  • La seconda parola è Responsabilità. Significa che non dobbiamo colpevolizzare nessuno del cambiamento in atto, inclusi noi stesso. Quindi stop assoluto alle lamentele sterili! Accantonarle ci indirizza verso la lucidità e la creatività. Spesso le soluzioni alternative sono davanti ai nostri occhi, bisogna solo imparare a cogliere una opportunità da ogni problema. 
  • La terza parola è Indifeso, nel senso di "Non difeso" ovvero il rinunciare a dover convincere gli altri del nostro punto di vista. Quante volte perdiamo tempo ed energie per difendere il nostro metodo contro altre persone che fanno lo stesso, in scontri eterni tra muri di gomma? Ne vale la pena? E se provassimo a renderci più disponibili ad ascoltare punti di vista diversi dal nostro senza arroccarci nel nostro "ma ho sempre fatto così"? La resistenza ostinata ad accettare le situazioni, contribuisce solo a bloccarci. 

Mettere in pratica la legge del minimo sforzo con profitto non è semplice, soprattutto quando nei nostri uffici (nel nostro mondo, in generale) ci scontriamo con due fattori altamente improduttivi:

  • l'inerzia e l'impossibilità di apportare qualsiasi cambiamento e
  • il falso mito che fare tanto vuol dire essere tanto produttivi

Sbagliatissimo!!! la produttività passa dal come faccio le cose (come lavoro, come pulisco casa, come riordino...) non dal per quanto tempo! (se volete ripassare la Legge di Parkinson sull'allungamento immotivato dei tempi di realizzazione di un obiettivo leggete qui)

 

 

Però almeno nel nostro privato, dove possiamo essere parte attiva del cambiamento, possiamo scegliere le modalità più costruttive ed efficaci.
Teniamo conto che ricercare sempre la soluzione migliore, attiva il nostro ingegno, spinge la nostra creatività e ci rende persone enormemente migliori in tutti gli ambiti!

 

Scegliere il cammino più facile (mi ripeto: facile nel senso di "meno dispendioso di energie" non nel senso di più semplice!) spesso è anche lo spartiacque tra l'ansia e il piacere, tra il non avere mai tempo per se stessi e il pensare di più al nostro benessere.

E' un circolo virtuoso: trovo una soluzione miglior -> faccio meno -> ottengo di più -> posso dedicarmi ad attività che mi danno piacere -> sono felice!

 

Credetemi, è realizzabile dovete solo smettere di dire ho sempre fatto così!